La violenza e l’aggressione nei confronti degli operatori sanitari ad oggi risulta essere un problema serio e crescente in tutto il mondo. Sono stati condotti diversi studi a riguardo, di particolare rilevanza quello dell’l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 50% degli operatori sanitari in tutto il mondo è stato vittima di violenza sul lavoro. Questa violenza può assumere molte forme, tra cui minacce verbali, aggressione fisica e violenza sessuale impattando a lungo termine sulla salute mentale e fisica di questi ultimi, compromettendo, inoltre, la qualità dell’assistenza sanitaria stessa, fornita ai pazienti.
Le aggressioni in ambito sanitario risultano essere oramai un fenomeno globale. Secondo uno studio condotto in Australia, il 95% degli operatori sanitari intervistati ha subito almeno un episodio di violenza sul lavoro. In un altro studio condotto negli Stati Uniti, il 70% ha riportato di aver subito violenza verbale, il 52% ha subito minacce di violenza fisica e il 27% ha subito violenza fisica effettiva.
Come intervenire per poter limitare tale fenomeno?
Ci sono stati diversi interventi normativi a livello nazionale e internazionale che mirano ad offrire agli operatori sanitari maggiore protezione, in queste situazioni. Ad esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso una risoluzione che chiede ai paesi membri di adottare politiche e programmi per prevenire la violenza nei confronti degli operatori sanitari. Inoltre, molti paesi hanno previsto leggi che puniscono la violenza sul lavoro e in altri, in cui vigono leggi ad hoc, atte a proteggere in maniera considerevole tali categorie.
Diverse sono le strategie che possono essere utilizzate per prevenire e rispondere alle aggressioni in ambienti sanitari. Ad esempio, molte organizzazioni hanno adottato politiche di tolleranza zero per la violenza sul lavoro. Queste politiche affermano che la violenza non sarà tollerata in nessuna forma e che i responsabili saranno perseguiti penalmente. Inoltre, molte organizzazioni hanno offerto programmi di formazione che insegnano loro come prevenire e rispondere all’aggressione.
La formazione, infatti, è un elemento chiave per prevenire e rispondere all’aggressione nei confronti degli operatori sanitari. I programmi di formazione dovrebbero insegnare a questi ultimi come riconoscere i segni di aggressione imminente, come prevenire l’escalation della violenza e come rispondere in modo sicuro ed efficace all’aggressione. Inoltre, la formazione dovrebbe essere continua e aggiornata per garantire che gli operatori in ambito sanitario siano sempre preparati ad affrontare situazioni di violenza.
Un esempio a cui poter far riferimento riguarda un ospedale in Canada che ha adottato un programma che includeva la formazione di tutti gli operatori sanitari su come prevenire e rispondere all’aggressione, l’installazione di telecamere di sicurezza e l’assunzione di personale di sicurezza aggiuntivo. Dopo l’adozione del programma, il tasso di violenza è diminuito del 70%.
Un ulteriore spunto potrebbe provenire da quanto accaduto in un ospedale in Australia che ha introdotto un approccio collaborativo che coinvolgeva gli operatori sanitari, i pazienti e le loro famiglie nella prevenzione dell’aggressione. Dopo l’adozione del programma, il tasso di violenza è diminuito del 50%.
Numerose sono ultimamente le iniziative a livello nazionale e internazionale che cercano di garantire un ambiente di lavoro più sicuro; L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha creato un’unità che si occupa di violenza nei confronti degli operatori sanitari e promuove l’adozione di politiche e programmi per prevenire tali spiacevoli conseguenze. Inoltre, molte organizzazioni sindacali rappresentano tale categoria e lottano per garantire che i loro diritti e la loro sicurezza sul lavoro siano protetti.
In Italia ad esempio il Ministero della Salute ha emanato, con le raccomandazioni n.8 del 2007 un documento di indirizzo per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari.
Concorrono all’incremento degli atti di violenza:
• l’aumento di pazienti con disturbi psichiatrici acuti e cronici dimessi dalle strutture ospedaliere e residenziali;
• la diffusione dell’abuso di alcol e droga;
• l’accesso senza restrizione di visitatori presso ospedali e strutture ambulatoriali;
• lunghe attese nelle zone di emergenza o nelle aree cliniche, con possibilità di favorire nei pazienti o accompagnatori uno stato di frustrazione per l’impossibilità di ottenere subito le prestazioni richieste;
• ridotto numero di personale durante alcuni momenti di maggiore attività (trasporto pazienti, visite, esami diagnostici);
• presenza di un solo operatore a contatto con il paziente durante visite, esami, trattamenti, gestione dell’assistenza in luoghi dislocati sul territorio ed isolati, quali i presidi territoriali di emergenza o continuità assistenziale, in assenza di telefono o di altri mezzi di segnalazione e allarme;
• mancanza di formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi;
• scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle strutture
Le strutture sanitarie, quindi, devono mettere in atto un programma di prevenzione degli atti di violenza che dovrebbe comprendere almeno le azioni di seguito riportate:
- elaborazione di un programma di prevenzione;
- analisi degli ambiti e delle situazioni lavorative;
- definizione ed implementazione di misure di prevenzione e controllo;
- formazione interna.
Anche la più vicina Regione Lazio ha preso spunto dalle raccomandazioni del Ministero della Salute. Con il documento di indirizzo del 6 settembre 2021, si è intervenuto emanando un documento sulla prevenzione e la gestione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari agendo per fasi:
In conclusione, tali eventi di aggressione sono diventati un problema rilevante e crescente in tutto il mondo. Tuttavia, ci sono molte strategie che possono essere utilizzate per prevenire e rispondere all’aggressione. Dobbiamo adottare politiche di tolleranza zero per la violenza sul lavoro, fornire formazione continua agli operatori sanitari e adottare programmi di prevenzione dell’aggressione basati sulle migliori pratiche come ad esempio quelle sopra menzionate.
Infine, dobbiamo sostenere le iniziative di advocacy che cercano di garantire un ambiente di lavoro più sicuro. In Italia è stata approvata nel 2020, una legge che prevede un aumento delle sanzioni penali in caso di violenza al professionista sanitario ed è stato istituito un Osservatorio dedicato a questo tema.
Solo agendo in maniera tempestiva e sostanziale possiamo garantire a chi lavora in ambito sanitario una maggiore protezione e la migliore assistenza sanitaria possibile ai pazienti.
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